Social Media: Quando le Attività di UGC si trasformano in Incubi

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Come Gestire in modo efficace UGC sui Social Media? La paura di ogni Social Media Manager e Community Manager.

Vi ricordate il caso IKEA Spazio Cambiamento? Passato quasi un anno da quella case negativa, è bastata una settimana per ricordarmela con due nuovi casi di UGC (User-Generated Content) altamente nocive al brand.

Ma facciamo un passo indietro e cerchiamo di capire insieme cosa è accaduto e come possiamo cercare di arginare eventuali attività strategiche in cui è l’utente a dover creare e condividere i contenuti.

Ma che roba è sto UGC?

UGC è l’abreviazione in inglese di User-Generated Content ovvero in italiano contenuto generato dagli utenti.

Molte attività di marketing strategico, soprattutto sui Social Media, incentivano questa prassi in quanto l’utente diventa partecipe e protagonista dell’operazione di marketing creando del contenuto nuovo.

Spesso però con mancate analisi di moderazione si offre, senza volerlo, un grande invito a creare messaggi o contenuti senza nessun controllo, compromettendo una campagna di marketing.

I Casi di UGC Negativa

Come vi dicevo in pochi giorni di distanza ci sono stati due casi negativi Italiani da far riflettere molto, e purtroppo la case negativa di IKEA non ha lasciato insegnamenti.

Il primo si tratta del brand CYNAR, che volendo attivare i propri fan, ha proposto loro di cambiare alcuni finali di film famosi con tanta fantasia.

La campagna era stata chiamata “Contro i Finali Pesanti” ma dopo alcune ore il caos ha dilagato, ma per quale motivo? Moderazione e Autenticazione quasi assente.

Questo ha permesso a molti, rimanendo anonimi, di scrivere qualsiasi cosa tra insulti, bestemmie e messaggi riguardo i competitor.

Messaggi che alcuni competitor, come Montenegro, hanno usato al balzo per rilanciare il clamoroso Flop di Cynar.

Il risultato è stato quello di molti articoli sull’accaduto come FLOP, FAIL di una campagna non studiata come si deve e la sua chiusura istantanea cancellando via tutto.

Un altro caso discutibile è stata la campagna di UGC del candidato sindaco Ignazio Marino, che agguantando un bel cartellone ha offerto ai suoi sostenitori di lasciare una riflessione riguardo “quello che fa un sindaco“.

Anche in questo caso zero moderazione, zero verifica identità da una email o login con i social media, e il risultato è nuovamente un invito per diversi personaggi a scatenare la propria fantasia.

In questo caso le scritte più infamanti sono state prontamente cancellate, ma purtroppo non basta in quanto hanno fatto il giro della rete nello stesso modo portando con se l’immagine del candidato.

Cosa Possiamo Imparare da queste Case?

Qualora tu stia progettando un’attività di UGC, quindi di contenuti generati dagli utenti devi cercare di non incentivare il caos più assoluto.

Come abbiamo visto nei due casi è mancata una base di moderazione iniziale e una certificazione di identità, sembrano impossibili ma invece possiamo usare dei buoni deterrenti all’anarchia.

Gestione di un Concorso UGC sui Social Media

1. Moderazione Iniziale

Se la tua attività si basa sulla creazione di contenuti da altri utenti devi preventivare una minima moderazione iniziale, questa può avvenire in modo manuale o semiautomatico.

Per modo manuale intendo una persona che possa monitorare e rendere pubblico il contenuto dell’utenti in differita dopo una moderazione, oppure è possibile creare una black list base con delle parole da mettere in attesa di pubblicazione.

Queste attività portano via del tempo e quindi è normale che vengano preventivate nella strategia d’attività, in ogni caso la mancanza di questa moderazione porterebbe a una moderazione postuma assai più difficile da gestire in quanto i contenuti sono già pubblici e andremo a procedere a un’operazione di pulizia.

Io consiglio sempre, dove è possibile, di non far pubblicare tipologie di contenuti agli utenti in tempo reale, ma di integrare una moderazione in differita in modo da tutelare e blindare eventuali attività scorrette.

2. Autenticazione Tramite Login Sociale

Un buon deterrente per evitare contenuti infamanti, è quello di far registrare gli utenti semplicemente tramite login social da Facebook o Twitter in modo tale da non renderli anonimi, o almeno attirare meno gente furba possibile.

Guarda un esempio di UGC studiata e curata con autenticazione da Social Login di Coca-Cola.

Il login sociale spesso viene associato a quelli in uso, e quindi è normale che le persone autenticate non andranno a lasciare messaggi infamanti associati alla loro immagine.

Ci saranno sempre persone che vanno a creare profili falsi o utilizzeranno secondi profili, ma sicuramente saranno sempre di meno di tutti gli altri che per inviare contenuti hanno bisogno solo di una email non verificata.

3. Integrazione di una Netiquette

Sembra banale ma spesso avere un documento in cui si spieghi come utilizzare e creare contenuti può tornarci utile.

In che modo? In questo documento possiamo indicare che non sono ammesse frasi scurrili o infamanti e che potrebbero essere prese delle severe azioni.

Inoltre si potrebbe includere che ogni frase viene associata a un IP potenzialmente rintracciabile dalla polizia postale o dall’autenticazione, tutte informazioni che “anche se non prese alla lettera” o “invane” possono essere un buon deterrente ad azioni scorrette.

Questo documento potrebbe essere integrato e obbligato da leggere tramite check box ad ogni invio di materiale.

4. Post Moderazione

Se non abbiamo voluto integrare una moderazione iniziale, almeno una post moderazione dobbiamo averla.

In questo caso come vi dicevo è più difficile in quanto, tutto quello che andremo a moderare o cancellare, per alcuni minuti sarà pubblico e quindi potenzialmente condivisibile per tutta la rete.

Io preferisco la moderazione iniziale, e anche se forse perde quel senso di real-time, in ogni caso avremo modo di non commettere errori e avvisare nuovamente l’utente della pubblicazione confermata.

Conclusione

Queste attività sono davvero molto delicate, e possono diventare un incubo a seconda del brand e della tensione attuale in cui ci troviamo.

Cerchiamo sempre di studiare una fase di moderazione in modo da blindare eventuali azioni scorrette e di non entrare a far parte delle raccolte di case history negative.

Stratega, Docente, Speaker con più di 12 anni di esperienza in strategie creative multicanale. Oggi sono Partner & Chief Innovation Officer di ThinkingHat, Innovation Studio specializzato in tecnologie emergenti per aziende e brand audaci.

6 Commenti

  1. Francesca

    Sono pienamente d’accordo con te Julius, queste case ci insegnano ma molti sembrano non recepire…

  2. Ottimi suggerimenti Julius :-)

    Io sinceramente ho riscontrato 3 motivi principali per i quali molte aziende alla fine optano per la NON moderazione:

    1) progettare un sistema di moderazione comporta dei costi aggiuntivi durante la fase dello sviluppo, con conseguente innalzamento dei costi di progettazione

    2) il più delle volte l’azienda stessa non dispone ne del Know How ne tantomeno del tempo necessario e delle risorse umane, per integrare l’attività di moderazione nel proprio processo produttivo quotidiano

    3) manca la così detta “Web Education”, e alla fine ognuno si fa del Web e del Social Marketing l’idea che gli fa più comodo, talvolta trascurando elementi essenziali e dando importanza ad altri elementi del tutto irrilevanti

    Alla fine ciò che ne deriva è una campagna “traballante” e potenzialmente dannosa per il Brand che poi deve ricorrere ai ripari in tempi da record, come mostrano i casi studio sopra citati.

  3. Io avrei una domanda, secondo voi Facebook può essere considerato un mezzo UGC?

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